Oggi vorrei provare a parlare del cyberbullismo, si tratta di una tematica molto complessa. Per non entrare in meccanismi più grandi di me, vorrei limitarmi a dire che si tratta di una violenza sottovalutata a causa della scarsa consapevolezza dei più giovani – e non solo – ai rischi che si possono incontrare su internet.
In questo articolo vorrei fare una chiacchierata informale, quella che qui chiamiamo PcGenius Café per esprimere il mio pensiero e per poi sentire la vostra opinione nel box dei commenti in fondo alla pagina.
Indice
1 giovane su 10 ha subito cyberbullismo
Del Cyberbullismo se ne parla molto poco eppure può provocare danni irreparabili. Un articolo de La Stampa riprende alcuni dati che per me sono veramente impensabili: più del 50% dei ragazzi tra gli 11 ed i 17 anni ha subito almeno un episodio di bullismo. Di quel campione, il 22% ha dichiarato di essere stato vittima (anche) di cyberbullismo.

Riassumiamo un attimo, non vorrei aver capito male: 11 giovani su 100 sono vittime di cyberbullismo, se parliamo di bullismo tradizionale invece la quota sale ad un giovane su due. Sbaglio o c’è qualcosa che non va?
Il problema secondo l’articolo, che continua a macinare dati su dati, estrapolati da un’infografica di Social Warning è la mancanza di figure di riferimento (infatti un giovane su 10 non sa a chi rivolgersi) mista al mancato dialogo con i genitori (47% del campione).
Mi trovo d’accordo con le conclusioni dell’autore, se quei ragazzi non sanno a chi rivolgersi e non trovano il coraggio o un’apertura mentale tale da rivolgersi alla propria famiglia c’è molto su cui possiamo lavorare.
Un’articolo più recente rispetto ai dati raccolti è sicuramente quello di Angesir che riporta un dato altrettanto spaventoso: il 37.7% dei giovani (ragazzi e ragazze dai 5 ai 22 anni) va in ansia se non può collegarsi a internet mentre il 40% prova delusione se non riceve like ai post o richieste d’amicizia sui social.
Tutto questo in un contesto dove ormai è noto come i social se usati male possono provare ansia e depressione.
Stiamo facendo abbastanza per migliorare?
C’è una legge ad-hoc sul cyberbullismo
Siamo stati i primi, qui in Italia rispetto a tutta Europa, ad attuare una legge volta proprio a difendere chiunque dagli atti persecutori e discriminatori online, nel 2017 nel nostro ordinamento giuridico infatti è entrata in vigore la Legge Ferrara. Le parole della senatrice Elena Ferrara per descrivere la sua propria in un’intervista a La Stampa sono state queste:
I reati e le conseguenti sanzioni esistono già nel nostro ordinamento giuridico: dallo stalking alla diffamazione, dal furto d’identità alla diffusione di materiale pedopornografico. I ragazzi devono essere coscienti del disvalore delle condotte del bullo, ma lo stesso disvalore va attribuito a chi omertosamente mostra indifferenza o chi, all’interno del branco, rafforza la condotta aggressiva. I minori quando insultano o ridicolizzano qualcuno sui social non hanno di fronte una persona in carne ed ossa, il suo dolore, le sue lacrime, ma una tastiera. Dobbiamo aiutarli ad essere più empatici e ad avere un controllo etico anche se nascosti da uno schermo. Questa legge non ha carattere repressivo, bensì educativo, preventivo e di cura proprio come mi hanno chiesto i tanti giovani che in questi anni ho incontrato nelle scuole di tutta Italia. L’intento è quello di preferire percorsi riparatori e di reinserimento per i colpevoli, tenendo ragazze e ragazzi fuori dal penale non per buonismo, ma per poter recuperare i soggetti che sono in età evolutiva. Per questo la norma prevede che i minori che compiano atti di cyberbullismo possano essere ammoniti, come detto, dal Questore che può anche decidere di inserirli in un percorso sociale o di messa alla prova, al fine appunto di recuperarli. Anche considerando come spesso proprio gli autori di atti di cyberbullismo siano stati a loro volta vittime di comportamenti simili.
Poi le viene chiesto il perché di tutto questo odio – gratuito ed inutile – online.
Riporto anche questa parte:
Nella maggior parte dei casi questi gesti sono commessi banalmente per acquisire una notorietà digitale, per la visibilità, per aver più “mi piace” rispondendo ad un bisogno identitario di autoaffermazione. Nei ragazzi si sono sempre osservati atteggiamenti di tipo prevaricatorio, tuttavia la rete, amplificando queste condotte, ci pone di fronte ad un nuovo fenomeno che poggia il suo triste successo sulla mediazione dello schermo e sull’illusione dell’anonimato. L’autore di questi comportamenti, spesso troppo precocemente esposto ad un utilizzo inconsapevole del mezzo, non matura la percezione critica del suo operato, non respira la sofferenza della vittima. Ecco perché diviene sempre più importante l’azione educativa della scuola e della famiglia
Insomma i bulli che agiscono – forse – fanno parte di quel 40% di teenager che cade in depressione per i like e la copertura. Probabilmente anche le vittime fanno parte dello stesso gruppo. Ovviamente non ho alcuna base per poterlo affermare con certezza. Quello che è sicuro è che va incentivato anche da parte dello stato un sistema che vada a fermare questi fenomeni incresciosi.
La Legge Ferrara, secondo me, va nella giusta direzione perché prevede:
- delle tempistiche certe per la rimozione dei contenuti inappropriati,
- la possibilità di rifarsi, qualora l’oscuramento non avvenga in tempi utili, al garante per la protezione dei dati personali,
- una procedura di ammonimento in questura per i genitori del bullo ed il bullo,
- la stesura di un piano d’azione integrato,
- la stesura di un codice di coregolamentazione per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo,
- la promozione di un corretto comportamento in rete e l’uso consapevole di internet anche attraverso la prevenzione e l’educazione continua nelle scuole,
- il finanziamento di bandi, concorsi ed iniziative volti a favorire l’educazione alla legalità.
Il problema è ascoltare, comprendere ed aiutare
Ora che il problema della rimozione dei contenuti è “risolto” però bisogna lavorare anche dentro e fuori il contesto scolastico. La promozione di iniziative sulla legalità deve – se già non succede – coinvolgere i genitori dei potenziali bulli sennò è tutto inutile perché quei ragazzi vengono ripagati e non puniti se fanno qualcosa di brutto al loro rientro a casa. Allo stesso tempo bisogna comunque ricordarsi che sia le vittime che i bulli sono persone, tutte con potenziali problemi da risolvere.
- La vittima può imparare a reagire, ad essere più forte
- Il bullo deve comprendere che le azioni svolte hanno delle conseguenze, deve capire il concetto di etica e della limitazione della propria libertà “di manovra” qualora intaccasse la libertà di qualcun altro.
- Entrambe le figure potrebbero essere negativamente influenzate dal contesto sociale ed economico in cui vivono, ma questo forse è un altro discorso.
Personalmente ho conosciuto il mostro del bullismo, in forma sia fisica che psicologica. Ad essere stato di grande aiuto, all’epoca, è stato lo sportello d’ascolto scolastico ed il sostegno della mia famiglia con la quale ho sempre potuto parlare e confrontarmi.
Lo sportello d’ascolto non era molto incentivato, tant’è che sono stato uno dei pochi nella scuola ad avere l’ “intraprendenza” di farne uso (ne parlerò meglio tra qualche riga). Ciò che è certo è che gli insegnanti di allora non sono stati di grande aiuto perché spesso succede che i professori superficia