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Dove e quando è nato l’Internet Of Things

daMichele Falcomer
6 anni fa
in Internet
Tempo di lettura: 6 minuti di lettura
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Home | Internet | Dove e quando è nato l’Internet Of Things

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Vi sarà capitato, almeno una volta nella vita, di sentire i termini “IOT”, o “Internet Of Things”, oppure (in italiano) “Internet delle Cose”. Sono tutti sinonimi di una filosofia, di cui si è sentito molto chiacchierare negli ultimi anni, ma che ha radici nel passato. Un passato in cui non c’erano ancora gli strumenti per poter mettere in pratica l’idea che sta alla base di questa filosofia.

Indice

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  • Come nasce l’IOT
  • Dove nasce l’IOT
  • Context Aware e gli EPC
  • Proximity Marketing
  • Come comunicano i dispositivi IOT
  • Smart Connectivity
  • Caratteristiche di un dispositivo IOT
  • Internet of Everything
  • IOT e M2M (Machine To Machine)
    • Potrebbero interessarti anche
    • Telegram Premium disponibile per tutti: così gli IM diventano freemium
    • Vinted funziona: come guadagnare vendendo vestiti usati
    • Carta Giovani Nazionale ed EYCA arrivano su IO
  • Sensor Revolution

Come nasce l’IOT

Come stavo dicendo, l’IOT possiamo definirlo come una filosofia: una corrente di pensiero secondo la quale, in rete, oltre ai computer, ci sono connessi anche degli oggetti. Questi oggetti prendono il nome di “smart objects”. Essi, interagendo con l’ambiente che li circonda, raccolgono diversi dati. Molti dati.

L’IOT nasce molto tempo fa. All’epoca si chiamava con un termine meno alla moda, e più tecnico, ovvero “sistemi distribuiti”. Già all’epoca era chiaro che le “cose” potevano essere dei veri e propri computer. Dobbiamo pensare agli Smart Obejcts come dei dispositivi “Store And Foward”: cioè in grado di immagazzinare dati che poi verranno inviati ad un infrastruttura di rete.

brown circuit board on laptop

Dove nasce l’IOT

Il concetto di IOT, nasce nel 1999, quando io avevo appena 1 anno di vita, ma quando un certo Kevin Ashton (ingegnere inglese) volle collegare degli oggetti ad internet utilizzando dei tag RFID. Cosa sono i tag RFID? Sono quei piccolissimi microchip dentro le tessere che usate per aprire le camere dell’albergo quando siete in vacanza. Ovviamente ne esistono di diversi tipi. Lascio eventualmente a voi la curiosità di approfondire questo aspetto. La parola “IOT” già se la immaginavano negli anni ‘30, quando però era solo un’idea futura. Lo chiamavano anche “Pervasive Computing” o “Ubiquitous Computing”.Insomma, facendola breve: un po come oggi pensiamo che nel futuro ci saranno le macchine volanti.

Context Aware e gli EPC

Un altro concetto molto importante, in questa storia, è stata l’introduzione del context aware: dove una computazione diventa dipendente dal contesto. Il contesto è l’input del programma, e l’output  può essere di diversa natura: può essere visualizzato a schermo, oppure può essere usato per variare l’erogazione di un certo servizio (es: regolare la quantità di calore erogata da un calorifero).

Fondamentale è stata la nascita degli EPC (Electronic Product Code). Pensate ad una cosa: belli questi tag RFID, ma come salviamo le informazioni all’interno, in modo che:

  • Siano da noi comprensibili
  • Siano comprensibili da altri (es: magazzino che deve comunicare al negozio che il prodotto “codice_prodotto” è finito)

Inventando uno standard! Questo standard è proprio l’EPC!

Proximity Marketing

Gli anni passano. Arrivano le tecnologie per poter mettere in pratica sempre più idee.

Il proximity marketing è uno dei primi sviluppi “più sofisticati” del mondo IOT. Il concetto è nato con la tecnologia iBeacon di Apple. Vi spiego subito di cosa si tratta: immaginate di entrare in un negozio, con il vostro bellissimo iPhone in tasca. Se il negozio dispone di un “beacon”, quest’ultimo e l’iPhone verranno in contatto, e sapranno che voi quel giorno, a quell’ora, siete entrati in quel negozio! Infatti, il beacon è un piccolo dispositivo, che comunica sfruttando le basse frequenze del Bluetooth, per inviare informazioni. Guarda caso, qualche giorno dopo, vi arriva una mail dal negozio in cui siete stati con un buono sconto del 10% per invogliarvi a tornare!

Come comunicano i dispositivi IOT

Abbiamo appena fatto un esempio dove si sfrutta il Bluetooth per far avvenire la comunicazione tra l’oggetto IOT (il beacon) e “la rete” (il vostro smartphone). In generale, i protocolli utilizzati sono quelli soliti (HTTP, WiFi, o appunto Bluetooth), ad eccezione di alcuni casi particolari. Perché l’imperativo è che gli oggetti IOT funzionino in modo indipendente.

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Smart Connectivity

Gli oggetti sono quindi identificabili tramite normali indirizzi IP. Si parla di Smart Connectivity, cioè “Connessione Intelligente”, perché, spesso, gli oggetti si trovano in ambienti sottoposti a tante interferenze, o impossibilità di avere sempre in qualsiasi istante una connessione per inviare i dati raccolti. Quindi, la nostra “cosa” deve essere capace di memorizzare i dati fino a quando essi non vengono spediti. Ecco che abbiamo tutto affinché gli oggetti IOT funzionino in modo indipendente.

Caratteristiche di un dispositivo IOT

Quindi, riassumendo, il dispositivo IOT:

  • Deve avere un ricevitore/trasmettitore per inviare i dati (ed eventualmente avere un piano B per non perdere i dati)
  • Deve possedere un indirizzo IP per essere identificato
  • Deve avere dei sensori hardware adatti ai dati che si vogliono raccogliere
  • Deve avere una capacità di store-and-forward
  • Deve essere low-power e low-bandwith

“Low” cosa? Sì, deve consumare poca energia e poca banda Internet! I beacon di cui stavamo parlando prima, se ci pensate, devono poter essere piazzati ovunque: non posso trovare una presa di corrente per ognuno! Ed inoltre, non devono saturare la banda Internet, perchè posso immaginare di costruire una rete di beacon che comunicano tra di loro per coordinarsi (oltre che a spedire dati all’iPhone).

Internet of Everything

Arrivati a questo punto, è facile immaginarci di poter connettere ad Internet qualsiasi cosa. Con l’espressione Internet of Everything, ci si riferisce a una visione in cui, tra qualche anno, avremo milioni e milioni di dispositivi connessi ad Internet. Ciò significa che non possiamo pensare di connettere ogni singolo beacon direttamente ad Internet: intaseremo tutto! Bisogna inventarsi una rete per far comunicare i beacon tra di loro, e connetterli ad Internet come 1 unico beacon.

Pensate a quello che è accaduto negli scorsi mesi: infrastruttura di Internet in sovraccarico perchè troppe persone erano a casa e passavano le giornate tra Skype e Netflix! Quindi, in ottica futura ci sono 2 cose da fare:

  • Inventarsi dei modi efficienti per connettere tra di loro di dispositivi IOT
  • Potenziare l’infrastruttura di Internet
gray Nest thermostat displaying at 63

IOT e M2M (Machine To Machine)

Un altra buzzword che spesso si sente nominare è “Machine To Machine”, ovvero una connessione macchina-macchina, senza l’intervento umano. Questa soluzione si adotta quando non si vuole affidare i dati alla rete internet. Magari per paura che questi dati vengano intercettati, o per altre questioni di sicurezza di rete (dove potremo aprire un altro discorso infinito). Nella M2M, le “cose” sono connesse in una rete chiusa, con protocolli particolari (detti proprietari).

Sensor Revolution

La chiamano “rivoluzione dei sensori”. Che si tratti di una nuova rivoluzione industriale? Certo che sì! Questa rivoluzione ha già anche un nome: industria 4.0. Praticamente ormai esiste un sensore per misurare qualsiasi cosa. Vi basti pensare al vostro smartphone: è un accentratore di decine e decine di sensori.

Cosa abbiamo imparato oggi?

Qual’è l’essenza dell’IOT?

Metto insieme una serie di dispositivi: facciamo in modo che funzionano da soli, e che siano in grado di risolvere problemi.

Tag: Editoriali
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"Non si può descrivere la passione, la si può solo vivere". Con questa citazione di Enzo Ferrari, vivo la passione per la tecnologia, i videogiochi e il mondo dello sport, sapendo che si vive una volta sola!

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