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La Ristorazione al tempo del Covid sta cambiando ed evolvendo: ecco come!

Da secoli la ristorazione è rimasta sempre la stessa: il viaggiatore quando doveva rifocillarsi si fermava nelle locande che trovava lungo il suo percorso, pagava e se ne ripartiva – a stomaco pieno – per la sua strada. Nel corso del tempo le locande sono diventate ristoranti e i locandieri sono divenuti ristoratori.

Ciò che non passò per la testa di nessuno è che una pandemia nei primi decenni del ventunesimo secolo avesse il potere per fermare un settore così in crescita come quello della ristorazione.

Per colpa del Covid e delle limitazioni introdotte dai vari D.P.C.M. infatti si è rotto uno dei principali elementi della catena: la presenza del cliente al ristorante. Per sopravvivere ci si è dovuti reinventare, e alla svelta: ecco come.

Quando la socialità salta

Eravamo abituati a vedere il ristorante o il fast-food quasi con abitualità. Era sufficiente essere per strada ed avere fame per fermarsi a mangiare da soli magari in velocità, o magari insieme agli amici con calma. Il lockdown ha stravolto le nostre abitudini e con loro quelle delle persone che ruotavano alla nostra routine.

É, per così dire, la nota dolente della catena sociale. Se qualcuno si ferma, c’è un’alta probabilità che qualcun altro si fermi con noi contro la sua volontà. Ai ristoratori è successo proprio questo: mancavano clienti, per questo, in qualche modo si sono dovuti arrangiare con gli strumenti a loro disposizione. C’è chi, per fortuna è riuscito a resistere e addirittura ad reinventarsi ma è importante sottolineare come siano non poche le persone che nonostante gli svariati sacrifici ed investimenti hanno dovuto mollare definitivamente la spugna e chiudere la propria attività.

Sicuramente non esiste la formula segreta per il successo ma qualcuno si è completamente ripensato il concetto stesso di ristorazione: si è tolto il ristorante. Altri, invece, si sono semplicemente organizzati in proprio o tramite terzi per le consegne a domicilio: portando l’ordinazione al cliente tramite dei fattorini hanno risolto parzialmente il problema della chiusura della sala ristoro.

Le Dark Kitchen ed
il Boom del Food Delivery

Il fenomeno prende il nome di DarkKitchen, in italiano si traduce con “Cucina Nera”: si tratta di ristoranti senza sala che effettuano solo ed esclusivamente consegne a domicilio attraverso i vari servizi di consegna già presenti sul territorio.

man in black jacket riding bicycle on road during daytime

Può essere questa la carta vincente? Nessuno può dirlo ora, serve tempo e bisogna aspettare che la pandemia venga superata per capire se la Dark Kitchen possa sopravvivere a lungo termine: ha sicuramente dei vantaggi non indifferenti, meno manutenzione e meno spese legate alla sala adibita al consumo dei pasti, meno personale dipendente, quindi solo la cucina, solo gli ingredienti e solo i cuochi. Non serve altro.

Il pilastro del settore sembra che sia invece il Food Delivery che in poco tempo diventerà un gigante dell’economia e varrà di anno in anno sempre di più. Secondo UBS, il settore oggi vale 35 miliardi di dollari, la crescita per anno prevista è del 20% e nel 2030 dovrebbe vale circa 365 miliardi di dollari. Un bel boom, vero?

Lo Sfruttamento dei Rider ed i lati negativi della Gig Economy

C’è solo un problema da risolvere. Se non ci sono i camerieri chi diavolo li consegna i piatti a casa delle persone? I rider, ovvero i precedentemente nominati fattori che però sono sottopagati e senza tutele lavorative significative. Loro lavorano sotto la pioggia, controvento e con la grandine, rischiano il licenziamento tramite un messaggio whatsapp e se gli viene rubato il motorino o la macchina semplicemente hanno “finito di vivere”.

white blue and yellow plastic pack

Per fortuna le cose stanno lentamente cambiando. Le leggi a tutela dei rider si stanno adeguando e i lavoratori del settore stanno prendendo coscienza dei loro diritti. Presto potrebbero arrivare altre rivoluzioni, la prima è stata obbligare Glovo a reintegrare un Rider palermitano che per aver partecipato ad un’intervista in tv si è visto sospendere l’account dall’app di servizio, un’altra invece è che dal 2021 i rider di Just Eat verranno considerati lavoratori dipendenti e non più Co.Co.Co.

La colpa di tutto questo è della Gig Economy, ovvero dei lavoretti che alla fine dei conti non sono né saltuari, né di libera organizzazione, né di facile applicazione. Chi la paga la moto per muoversi in città? Chi la benzina? Chi i giorni di malattia? Chi gli infortuni? Non il datore di lavoro, dopotutto si parla di lavoratori organizzati ma autonomi. É giusto? Probabilmente, anzi sicuramente, no.

A mio modo di vedere non va demonizzata l’intera categoria, andrebbe forse data la priorità alle piccole realtà che si auto-organizzano o a delle società anche più “grosse” che però rispettano i loro dipendenti.

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Scritto da Massimiliano Formentin

Sono sempre stato un appassionato di tecnologia, il mio scopo con PcGenius è condividere questa mia curiosità con il mondo intero. Nella vita faccio anche altro: suono il pianoforte e mi occupo di web.